La Direttiva (UE) 2023/970 introduce nuovi obblighi per le imprese in materia di trasparenza retributiva e GDPR.
Le aziende dovranno raccogliere, analizzare e comunicare dati salariali, informazioni che rientrano tra le più sensibili dei dipendenti. Questo scenario apre una sfida cruciale: garantire equità retributiva senza compromettere la tutela della privacy.
Per affrontare questa transizione in modo efficace, è necessario adottare un approccio integrato che unisca compliance normativa, sicurezza dei dati e governance aziendale.
Dal contesto normativo alla pratica aziendale
La direttiva europea punta a ridurre il gender pay gap e ad aumentare la trasparenza nei rapporti di lavoro. Ciò comporta per le imprese l’obbligo di pubblicare dati sul divario retributivo e di rispondere alle richieste dei lavoratori con informazioni precise.
Parallelamente, il GDPR resta il pilastro normativo per la protezione dei dati personali. La vera sfida è conciliare questi due mondi: da un lato l’esigenza di trasparenza ed equità, dall’altro il rispetto della riservatezza.
Scadenze e soglie della Direttiva UE 2023/970
Per pianificare in anticipo gli adeguamenti, le aziende devono conoscere le principali scadenze:
- 7 giugno 2026: recepimento nazionale della direttiva.
- 7 giugno 2027: prima rendicontazione sul gender pay gap (dati 2026).
- Frequenza dei report:
- Sopra i 250 dipendenti: obbligo annuale.
- 150–249 dipendenti: obbligo triennale (dal 2027).
- 100–149 dipendenti: obbligo triennale (dal 2031).
Ulteriori obblighi comprendono: divieto di chiedere lo storico retributivo ai candidati, obbligo di indicare la fascia retributiva negli annunci di lavoro e abolizione delle clausole di riservatezza sulle retribuzioni.
Governance GDPR “by design”
La corretta gestione dei dati salariali passa dall’applicazione dei principi cardine del GDPR:
- Base giuridica: il trattamento si fonda sull’adempimento di un obbligo legale (Art. 6 GDPR). È quindi necessario aggiornare l’informativa privacy e il Registro delle attività di trattamento (ROPA) con finalità, categorie di dati e tempi di conservazione.
- Minimizzazione e finalità: i dati devono essere limitati a quanto strettamente necessario e non possono essere riutilizzati per scopi diversi da quelli previsti dalla direttiva, come valutazioni di performance non collegate alla progressione retributiva o iniziative di marketing interno.
Adottare una governance “by design” consente alle imprese di prevenire i rischi e dimostrare conformità, rafforzando al contempo la fiducia dei dipendenti.
Gestione delle richieste dei lavoratori
Un punto critico riguarda il diritto dei dipendenti di conoscere i livelli retributivi medi. In contesti aziendali ridotti, fornire dati troppo disaggregati può equivalere a rivelare lo stipendio di un singolo collega.
Per mitigare questo rischio, le aziende possono:
- Applicare regole di soglia (es. non fornire dati se il gruppo è composto da meno di 5 persone);
- Fornire informazioni in forma aggregata o per fasce retributive;
- Coinvolgere il DPO nella valutazione delle richieste più delicate.
Reporting sul gender pay gap e tutela della privacy
Il reporting previsto dall’Art. 9 della direttiva si basa principalmente su dati aggregati, riducendo il rischio di re-identificazione. Tuttavia, in presenza di categorie di lavoratori molto piccole, il rischio di violazione della privacy rimane.
In questi casi, è necessario ricorrere a ulteriori aggregazioni o a tecniche di anonimizzazione per rispettare i principi GDPR.
Il ruolo dei “guardiani dei dati”
La direttiva consente che, in situazioni a rischio, l’accesso ai dati salariali più sensibili sia limitato a soggetti autorizzati come rappresentanti dei lavoratori, ispettorati del lavoro o organismi per la parità.
Questi attori agiscono come intermediari, garantendo il diritto del lavoratore senza esporre informazioni individuali.
Conclusione
La sfida della trasparenza retributiva e GDPR richiede un percorso chiaro: conoscere le scadenze, adottare una governance efficace dei dati, rispettare il principio di minimizzazione e gestire con attenzione le richieste dei dipendenti.
Se gestita correttamente, la trasparenza retributiva non è solo un obbligo normativo, ma diventa un’opportunità per costruire fiducia, migliorare la reputazione aziendale e rafforzare la competitività.
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