Prorogato lo Smart Working: evoluzione normativa e sfide contrattuali

La recente conversione in legge del decreto n. 145/2023 ha, tra le altre misure, prorogato fino al 31 marzo 2024 il diritto a svolgere la prestazione lavorativa in smart working per alcune specifiche categorie di lavoratori dipendenti.

Si tratta di una misura normativa introdotta durante la pandemia, quando le principali finalità dello smart working erano di salvaguardare la salute e ridurre il rischio contagi, ma che – come dimostra la recente proroga – rappresenta ancora una priorità per le istituzioni.

La legge definisce sia criteri oggettivi per il diritto allo svolgimento dell’attività lavorativa in modalità agile, quali la compatibilità della prestazione da remoto con l’attività lavorativa, sia criteri soggettivi.

In particolare il diritto allo smart working, è previsto unicamente per tali due categorie di lavoratori dipendenti:

  1. Genitori lavoratori dipendenti del settore privato: i quali devono avere almeno un figlio minore di 14 anni e l’altro genitore deve essere un lavoratore e non beneficiario di strumenti di sostegno al reddito.
  1. Lavoratori considerati fragili. Questi lavoratori sono maggiormente esposti al rischio di contagio da virus SARS-CoV-2 a causa dell’età o di condizioni di rischio come l’immunodepressione, esiti di patologie oncologiche o svolgimento di terapie salvavita, o comorbilità. L’accertamento dello stato di fragilità deve essere effettuato dal medico competente nell’ambito della sorveglianza sanitaria.

 

È fondamentale precisare che, al di fuori di queste due categorie di lavoratori che sono titolari di un vero e proprio diritto allo smart working sancito da una norma, l’accesso allo smart working è sempre consentito in virtù di accordi individuali.

Con l’occasione, si ritiene utile fare un ripasso circa la disciplina normativa dello smart working, modalità lavorativa che ad oggi rappresenta un elemento ormai imprescindibile nell’organizzazione dell’attività lavorative di moltissime realtà aziendali.

 

Contesto normativo e evoluzione dello Smart Working

La Legge n. 81 del 2017 ha introdotto lo smart working come strumento di work-life balance, ma durante la pandemia da COVID-19, ha acquisito prevalentemente un ruolo di contenimento e contrasto alla diffusione del virus.

 

Accordi individuali: chiave per la regolamentazione dello smart working

Un aspetto cruciale è rappresentato dagli accordi individuali tra datore di lavoro e dipendente. Questi accordi devono disciplinare vari aspetti, tra cui:

  • l’esecuzione della prestazione lavorativa al di fuori dei locali aziendali
  • le forme di esercizio del potere direttivo da parte del datore di lavoro nei confronti del lavoratore
  • i tempi di riposo e la disconnessione
  • gli strumenti utilizzati dal lavoratore
  • le forme e le modalità di controllo della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 4 della Legge n. 300 del 1970 nonché dalla normativa vigente in materia di protezione dei dati personali
  • le ampie informative privacy e sicurezza

L’ampia discrezionalità riconosciuta agli accordi solleva nuove sfide e interrogativi per le parti coinvolte.

 

Permesso retribuito e flessibilità dello smart working

La gestione dei permessi nello smart working rappresenta una sfida crescente nel contesto delle tematiche contrattuali. La flessibilità conferita al lavoratore nella determinazione degli orari di lavoro solleva interrogativi sulla fruibilità di permessi retribuiti in questa modalità.

La Legge n. 81 del 2017 stabilisce che il lavoratore in smart working ha diritto a un trattamento economico e normativo equivalente a quello dei colleghi in presenza, pertanto trattamenti differenti rispetto ai colleghi in presenza potrebbero essere ricondotti a comportamenti discriminatori.

La formalizzazione di accordi individuali diventa quindi elemento essenziale.

 

La possibilità concessa ai lavoratori di organizzare autonomamente la collocazione oraria della propria prestazione lavorativa in smart working può infatti mettere in discussione la natura stessa dei permessi, concepiti per giustificare assenze rispetto all’orario contrattuale stabilito. In queste situazioni, appare un approccio sensato disciplinare questa tematica tramite accordi individuali, evitando di darla per scontata e adattando le regole alle specifiche circostanze contrattuali.

 

Per maggiori informazioni contatta Alessio Ferrario | Consulente del lavoro di Miller Group, scrivendo ad alessio.ferrario@millergroup.it o telefona allo 02.36762490.

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