Tamponi e vaccini Covid-19: le prassi per i datori di lavoro

Il 22 marzo 2021 la Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro ha pubblicato un interessante approfondimento sulle buone prassi che devono seguire i datori di lavoro in merito ai protocolli aziendali di sicurezza su tamponi e vaccini anti Covid-19

Come deve comportarsi il datore di lavoro per ridurre al minimo il rischio di contagio da Covid-19 in azienda? E quali sono gli obblighi cui ottemperare?

Con l’approfondimento del 22 marzo 2021 la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro fornisce le risposte ai quesiti più frequenti in materia attraverso alcune FAQ che spaziano dall’adozione di protocolli aziendali di sicurezza alla possibilità di introdurre test sierologici o tamponi molecolari come misura preventiva, fino alla gestione dei contagi e delle assenze dei lavoratori nei casi di isolamento, quarantena o “contatto stretto”.

Ampio spazio viene dedicato al tema, molto delicato e discusso, della vaccinazione obbligatoria dei dipendenti e di come comportarsi di fronte al rifiuto da parte del lavoratore, in attesa di un auspicabile intervento legislativo. Infine, tutti i chiarimenti in merito alla privacy legata al trattamento del dato su tamponi, test e vaccini nel contesto aziendale.

  • Il datore di lavoro può imporre il vaccino al lavoratore in base alle previsioni normative vigenti?

Il datore di lavoro, in base alle previsioni normative vigenti, non può imporre il vaccino al lavoratore, poiché, come previsto dall’articolo 32 della Costituzione, il cittadino è libero di scegliere i trattamenti sanitari a cui sottoporsi, a meno che questi non siano resi obbligatori per disposto normativo.

Piuttosto il datore di lavoro può mettere a disposizione efficaci vaccini in ambiente di lavoro per il tramite del medico competente, quale valido strumento di “gestione sicura” della propria impresa.

  • Come comportarsi di fronte al rifiuto del lavoratore di vaccinarsi?

Il rifiuto del lavoratore ai vaccini può avere, come unica conseguenza, la sottoposizione del lavoratore stesso alla visita medica per la verifica dell’idoneità, da parte del medico competente, in base al protocollo sanitario relativo alla specifica mansione.

Ove il medico attesti la temporanea inidoneità alla mansione il datore di lavoro deve in alternativa valutare se l’attività svolta dal lavoratore possa essere gestita in modalità smart working oppure se il lavoratore possa essere adibito ad altre mansioni che la consentano.

Nel caso ciò non possa avvenire, sempre compatibilmente con le prescrizioni del medico competente, si potrebbe ipotizzare lo spostamento temporaneo del lavoratore ad un’altra unità lavorativa o in ultima istanza la sospensione del lavoratore e della relativa retribuzione.

  • Cosa deve fare oggi il datore di lavoro?

Il datore di lavoro deve:

a) provvedere ad un aggiornamento del documento di valutazione dei rischi, sia in base ai lineamenti guida esposti dal Documento tecnico INAIL, sia in considerazione del fatto che il rischio biologico correlato al contagio da virus Sars Cov-2, è definibile come un rischio generico c.d. “aggravato”;

b) individuare all’interno del DVR Covid le mansioni esposte al rischio;

c) individuare, per il tramite del medico competente, i lavoratori maggiormente esposti, in funzione anche dell’evoluzione del concetto di lavoratore fragile;

d) prevedere una eventuale modifica del protocollo sanitario in base alle risultanze del nuovo Documento di valutazione dei rischi;

e) prevedere dispositivi di protezione collettiva o individuale necessari e idonei e provvedere alla relativa informazione, formazione ed eventuale addestramento dei lavoratori;

f) predisporre idonee misure di prevenzione e procedure anti-contagio sia per i lavoratori interni che per lavoratori di aziende esterne che accedono all’interno dei locali di pertinenza per attuare fattive misure di prevenzione e protezione dal rischio e prevedere la relativa informazione e formazione di tutti i lavoratori;

g) individuare ed apporre idonea segnaletica di sicurezza relativa agli obblighi e alle procedure di sicurezza introdotte a seguito dell’emergenza epidemiologica.

  • È possibile introdurre il test sierologico e/o il tampone molecolare come misura obbligatoria preventiva?

La Fondazione Studi ritiene che, sulla base delle normative vigenti, non è possibile prevedere con assoluta certezza che il tampone possa costituire una misura obbligatoria in azienda, ma sicuramente può essere prevista su base volontaria dei lavoratori. Pertanto, in base alle previsioni del medico competente e in relazione all’attività svolta dall’azienda, per alcune realtà (soggette a rischio biologico come rischio specifico delle mansioni svolte) si potrebbe comunque prevedere il tampone come misura preventiva altamente consigliata.

Il consiglio potrebbe essere di proporre tale misura preventiva durante una riunione in

presenza del Comitato anti-contagio aziendale, con la presenza di datore di lavoro,

medico competente, RSPP e RLS, prevedendo il tampone quale misura di prevenzione al contrasto alla diffusione del virus in azienda, verbalizzando la procedura, aggiornando il Protocollo anti-contagio e condividendolo anche con le parti sociali del territorio.

Si specifica da ultimo, che in alcuni casi il DPCM 02.03.2021 ha già previsto la necessità del controllo periodico dei lavoratori attraverso specifici test per la verifica del contagio.

  • Come si configura il trattamento del dato relativo ai test (sierologico e tampone molecolare) in azienda?

Non è di poco conto la questione privacy, in relazione al trattamento del dato.

Se, infatti, la rilevazione della temperatura può essere trattata in funzione delle disposizioni dei Protocolli anti-contagio e in funzione della posizione assunta dal Garante il 4 maggio 2020, in assenza di una espressa previsione dei protocolli o di altra fonte normativa che imponga o consenta al datore di lavoro di effettuare sui propri dipendenti test sierologici, si pone il problema, qualora il datore di lavoro decidesse di procedere all’effettuazione degli stessi, di individuare la base giuridica del trattamento posto che, ai fini privacy, il riferimento all’articolo 2087 del Codice Civile risulterebbe non sufficientemente. specifico.

Stante l’attuale normativa, l’unica base giuridica oggi “utilizzabile” è quella del consenso libero, specifico, espresso ed inequivocabile, ovvero la base volontaria secondo cui il lavoratore acconsente al trattamento del dato.

Per saperne di più su tamponi, vaccini e protocolli anti-Covid e, in generale, sulle buone prassi per il datore di lavoro scrivi a Carlotta Tronconi, carlotta.tronconi@millergroup.it, Safety Consultant e Partner di Miller Group.

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