L’Agenzia delle Entrate, in risposta interpello n. 427 del 2019, ha chiarito che gli emolumenti in denaro e gli emolumenti in natura, comprese le azioni, offerti dal datore di lavoro ai suoi dipendenti, costituiscono reddito imponibile e, in quanto tale, contribuiscono a determinare il reddito da lavoro dipendente.
Per quanto riguarda la cessione di azioni, il principio si applica anche nel caso in cui la sottoscrizione del capitale di una società avvenga al momento dell’aumento successivo alla sua costituzione.
Per quanto riguarda l’assegnazione di azioni ai dipendenti, la risposta all’interpello n. 427 del 25 ottobre 2019 dell’Agenzia delle Entrate, sottolinea che il coinvolgimento del management negli aumenti del valore delle società gestite o nei loro profitti può essere realizzato attraverso varie modalità e il trattamento fiscale degli importi ricevuti dai manager è legato alla forma di incentivazione.
Nello specifico, possono essere previsti piani in cui sono assegnati:
- diritti di acquistare strumenti finanziari al raggiungimento di determinati obiettivi e condizioni di vesting (stock option);
- strumenti finanziari con diritti patrimoniali rafforzati.
La questione rilevante, dal punto di vista fiscale, riguarda l’inquadramento dei possibili profitti tra i redditi da lavoro dipendente o tra i redditi di natura finanziaria (di capitale e altro).
Laddove lo stato di un lavoratore sia indispensabile per ottenere l’assegnazione dei titoli, costituisce reddito di lavoro dipendente il valore di quanto assegnato, al netto di quanto corrisposto dal dipendente o trattenuto dal datore di lavoro o da terzi.
I proventi, di natura ricorrente delle azioni o degli strumenti finanziari, devono essere considerati redditi di capitale, mentre, in caso di vendita, il valore maggiore da essi successivamente acquisito rispetto al valore di acquisto, soggetto a tassazione, è di natura finanziaria e, come tale, deve essere classificato come un reddito diverso di natura finanziaria.
Sebbene questa qualificazione sia indubbia per le azioni e gli strumenti finanziari privi di diritti patrimoniali rafforzati, non è altrettanto pacifico per gli strumenti finanziari con diritti patrimoniali rafforzati.
Pertanto, l’art. 60, D.L. n.
50 del 2017, intitolato “Proventi da partecipazioni a società, enti o OICR di
dipendenti e amministratori”, delinea i casi in cui, in conformità a
determinate condizioni, i proventi derivanti da diritti patrimoniali rafforzati
sono considerati in ogni caso “redditi di capitale” o “redditi
diversi”, con una qualifica fiscale operativa ope legisl.
Questa qualificazione del reddito è volta a garantire l’allineamento degli interessi tra investitori e management e la relativa esposizione al rischio di perdita del capitale investito, opera esclusivamente con riferimento ai proventi derivanti da strumenti finanziari con diritti patrimoniali rafforzati, e non riguarda i redditi derivanti dal conferimento degli stessi, inclusi tra i redditi di lavoro dipendente.
Il TUIR, che regola le modalità di determinazione del reddito di lavoro dipendente, stabilisce il principio dell’onnicomprensività, secondo il quale tutte le somme e tutti i valori in generale, a qualsiasi titolo percepito nel periodo d’imposta, anche sotto forma di donazioni, scaturite dal rapporto di lavoro, costituiscono un reddito di lavoro dipendente.
Tutti gli emolumenti sia in natura, che in denaro, comprese le azioni, offerti dal datore di lavoro ai suoi dipendenti, costituiscono reddito imponibile e concorrono alla determinazione del reddito di lavoratore dipendente.
Nello specifico, per quanto riguarda l’assegnazione di azioni, il suddetto principio si applica anche nel caso in cui la sottoscrizione del capitale di una società avvenga al momento dell’aumento successivo alla sua costituzione.