Salute mentale al lavoro: nuove tutele e prospettive per le imprese

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La salute mentale al lavoro è diventata un tema centrale nel dibattito istituzionale e imprenditoriale. Negli ultimi anni, l’attenzione verso il benessere psicologico dei lavoratori è cresciuta costantemente, spinta dall’aumento di stress, burnout e disturbi legati a condizioni organizzative non sempre adeguate. 

Oggi, il Parlamento italiano si sta muovendo per introdurre nuove misure di tutela specifiche, con importanti ricadute per le imprese e per la gestione delle risorse umane.

 

Il contesto normativo e la proposta di legge

Una proposta di legge presentata alla Camera dei Deputati punta a riconoscere la salute mentale come diritto fondamentale dei lavoratori, rafforzando l’impianto normativo attuale. 

Il provvedimento introduce un quadro articolato di misure che interessano sia gli aspetti di prevenzione che quelli legati agli incentivi fiscali e agli appalti pubblici.

I cinque articoli della proposta

  1. Modifica al D.Lgs. 81/2008: si vuole riscrivere l’art. 28, comma 1-bis, dando centralità al rischio psicosociale, inteso come combinazione tra probabilità di esposizione e gravità degli effetti. Saranno quindi presi maggiormente in considerazione fattori come problemi organizzativi, distribuzione iniqua delle mansioni, ambiente non salubre dal punto di vista relazionale, soddisfazione dei bisogni fisici e mentali e comportamenti negligenti.
  2. Certificazione del benessere psicosociale: dal 1° gennaio 2026 sarà introdotta una nuova certificazione che attesterà le politiche e le misure concrete adottate dai datori di lavoro per prevenire e contrastare i rischi psicosociali.
    I decreti attuativi definiranno parametri minimi, modalità di acquisizione e monitoraggio dei dati (basati sui criteri INAIL per lo stress lavoro-correlato), e il coinvolgimento di RSPP, rappresentanti dei lavoratori e sindacati. Sarà predisposta una relazione annuale che evidenzierà dati su carichi di lavoro, conflitti interpersonali, scarsa comunicazione, oltre a indicatori come assenteismo, turnover e infortuni. Il livello di rischio verrà classificato in tre fasce: basso (0-25%), medio (26-74%) e alto (75-100%).
  3. Società benefit: l’ottenimento e il mantenimento della qualifica di società benefit sarà vincolato al rispetto degli standard di certificazione del benessere psicosociale. Le imprese già qualificate avranno tempo fino al 31 dicembre dell’anno successivo all’entrata in vigore della legge per adeguarsi, pena la perdita dei benefici previsti.
  4. Incentivi fiscali: è previsto l’innalzamento delle soglie di defiscalizzazione per i beni e servizi di welfare aziendale. Per le aziende in possesso della certificazione, il limite di esenzione fiscale salirà a 1.500 euro per i dipendenti e a 2.500 euro per i lavoratori con figli fiscalmente a carico. Una misura che incentiva l’adozione di policy di well-being organizzativo e rafforza il ruolo del welfare aziendale.
  5. Appalti pubblici: nel Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. n. 36/2023) si prevede l’esclusione dalle gare per chi non adempie agli obblighi in materia di pari opportunità. Inoltre, il possesso della certificazione del benessere psicosociale diventerà un criterio premiale negli appalti pubblici, offrendo un vantaggio competitivo alle imprese virtuose.

 

Salute mentale al lavoro e benessere psicosociale

Il concetto di benessere psicosociale è al centro della proposta: non solo prevenzione dei rischi, ma costruzione di un ambiente di lavoro che promuova equilibrio, inclusione e motivazione. 

Le ricerche citate evidenziano come i lavoratori che percepiscono attenzione alla propria salute mentale siano più produttivi e fidelizzati, riducendo fenomeni di assenteismo e turnover.

Per le imprese, questo significa integrare le politiche di salute e sicurezza con programmi di welfare aziendale che includano:

  • sportelli di ascolto e consulenza psicologica;
  • formazione dei manager per la gestione delle dinamiche di team;
  • iniziative di sensibilizzazione su stress, ansia e prevenzione del burnout.

 

L’impatto per le imprese e le risorse umane

La gestione della salute mentale al lavoro non è solo un obbligo normativo in evoluzione, ma anche una leva strategica. Le aziende che adottano pratiche di prevenzione e promozione del benessere psicosociale possono:

  • migliorare il clima aziendale e la reputazione del brand;
  • ridurre i costi indiretti legati a cali di produttività, malattie professionali e infortuni;
  • aumentare l’attrattività nei confronti di nuovi talenti, sempre più attenti al work-life balance.

 

In questo scenario, il ruolo delle funzioni HR diventa cruciale: dalla revisione dei protocolli interni all’adozione di strumenti digitali per il monitoraggio, fino all’attivazione di partnership con specialisti in salute e sicurezza.

 

Verso un nuovo paradigma di impresa

Le nuove tutele sulla salute mentale al lavoro aprono la strada a un cambio di paradigma: non più considerata un aspetto marginale, ma parte integrante della gestione aziendale. Le imprese che sapranno cogliere questa sfida potranno non solo adeguarsi agli obblighi di legge, ma soprattutto creare valore duraturo attraverso l’attenzione al benessere delle persone.

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